domenica 19 luglio 2015

Viaggio nell'Opera: Musica e Parole-Parte 2

Per proseguire il nostro viaggio nell’Opera Lirica, continuiamo il discorso relativo a parole e musica

Nell’articolo precedente, abbiamo parlato della necessità o meno di tradurre i libretti nella lingua del pubblico. In anni recenti, molti teatri hanno adottato un sistema pratico per accontentare quanti si schierano dalla parte delle traduzioni: molte strutture sono, infatti, dotate di schermi, vicino al palco o addirittura montanti dietro ai sedili di ciascuna poltrona, sui quali compaiono i testi tradotti.
In relazione a questo tipo di progresso, il critico inglese Rodney Milnes si espresse così: “All’Opera si va per ascoltare e guardare, non per leggere”. Dalle sue parole comprendiamo quale sia l’atteggiamento “vecchio stampo” definito dagli esperti per avvicinare i nuovi all’Opera: prepararsi in anticipo, studiando, prima dello spettacolo, la trama e il testo per poter trarre totale piacere da quell’esperienza musicale.
Questo è, tuttavia, un atteggiamento che, a livello storico, presenta dei limiti. Fino all’Ottocento, infatti, leggere i libretti durante lo spettacolo era considerato normale. Recarsi all’Opera, inoltre, non significava semplicemente seguire la rappresentazione: nelle strutture teatrali si poteva giocare d’azzardo o a scacchi, cenare e, persino, trovare compagnia.
La questione traduzione non è nuova. Quando, nel 1841, a Parigi venne presentato “Il franco cacciatore”, opera di Carl Maria von Weber, scritta originalmente in tedesco e tradotta, per l’occasione, in francese, Richard Wagner, preoccupato che una semplice traduzione non fosse sufficiente perché il pubblico capisse appieno la rappresentazione, decise di scrivere un articolo minuzioso sulla storia, la trama e i personaggi di quell’opera.
Capire le parole, quindi, potrebbe non essere così importante come sembra per godere appieno di un’esperienza d’opera. Coloro che si schierano contro traduzioni e soprattitoli, sostengono addirittura che la comprensione totale del testo, effettuata in tali modi, possa trasformarsi in un fattore controproducente per il coinvolgimento emotivo e l’attenzione mentale prestata dallo spettatore nei confronti della musica e del canto, aspetti così particolari da appartenere strettamente all’ideale operistico.
Un’analisi storica di tale argomentazione, ci porta, però, a considerare come l’atteggiamento del pubblico sia cambiato notevolmente nel corso dei decenni di storia dell’Opera Lirica e a seconda dei periodi.

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